sabato 30 giugno 2012

Contadini servi e liberi nell'Alto Medioevo

Ricostruire la condizione sociale e giuridica dei coltivatori dell'Alto medioevo non è semplice. Se a Roma esisteva la fondamentale distinzione tra schiavi e uomini liberi, nella società medievale le differenze erano assai più sfumate. A Roma gli schiavi non godevano di alcun diritto civile o politico, erano proprietà di un padrone che esercitava su di loro diritto di vita e di morte. Agli schiavi adibiti alla coltivazione di ville e latifondi romani veniva garantito esclusivamente il vitto e l'alloggio. Essi rappresentavano la principale forza produttiva dell'economia agricola, ma già dal II secolo tale sistema cominciò a registrare i primi sintomi della crisi. Gli schiavi erano diventati rari e preziosi e i proprietari assicuravano loro un pezzo di terra che doveva garantirne il sostentamento; costoro in cambio dovevano devolvere ai padroni parte del raccolto, giornate di lavoro e fare omaggio di altri prodotti in natura.
All'inizio del medioevo esistevano ancora schiavi che vivevano in casa del padrone ed erano legati a lui da un vincolo personale: venivano chiamati servi o prebendarii ( praebenda era chiamato il vitto loro fornito) le cui condizioni di vita erano migliorate rispetto al passato giacchè per esempio veniva loro concesso di avere una propria famiglia. I documenti altomedievali registrano anche un altro tipo di uomini chiamati servi, non legati da un vincolo personale al padrone e dunque giuridicamente liberi anche se in pratica la loro libertà era solo formale. Costoro, in quanto discendenti degli antichi schiavi accasati, erano legati alla terra che coltivavano da generazioni e che non potevano abbandonare insieme alla loro famiglia, giacchè costituivano beni immobili appendici dell'appezzamento di terra esattamente come le sementi, gli attrezzi da lavoro, gli animali e dunque in caso di cessione del terreno questi servi ne seguivano il destino passando alle dipendenze di un nuovo padrone. Questa sorta di servi in affitto sono stati denominati dagli storici "servi della gleba", mentre nelle fonti del tempo li ritroviamo per lo più con il nome di "servi casati", poichè risiedevano in una loro casa indipendente.
I veri uomini liberi, più vicini al senso moderno del termine, erano i coltivatori nati da uomini in condizione non servile, oppure coloro che erano stati affrancati dal padrone. C'erano gli affittuari di terre signorili che gestivano un terreno dovendo corrispondere al proprietario del fondo un canone e prestazioni in natura o lavoro, a condizioni comunque meno dure rispetto a quelle che gravavano sui servi. Sui coltivatori diretti di fondi di loro proprietà, che pure esistevano, le fonti ci hanno fatto prevenire ben poche notizie. Questa carenza di informazioni è probabilmente dovuta a che al fatto che spesso questi contadini erano costretti a cedere il terreno di proprietà o "allodio" ( nella lingua antico basso francone occidentale allhod significa "piena proprietà") in cambio di una protezione che i funzionari dello Stato non erano più in grado di garantire.
martedì 5 giugno 2012

Il Model Treaty degli Stati Uniti ( 1776)

Il Model Treaty fu un modello di accordo commerciale che il Congresso continentale degli Stati Uniti elaborò nel contesto della guerra d'indipendenza in funzione di un prossimo trattato da stipulare inizialmente con la Francia, unica nazione che sembrava in grado di appoggiare le istanze rivoluzionarie americane nella guerra con i britannici. Il Model Treaty più in prospettiva avrebbe dovuto dettare le linee guida del Nuovo Stato nelle relazioni commerciali con tutti gli altri Paesi.
Principale ispiratore del tratto fu John Adams, il leader rivoluzionario più attento all'evoluzione del diritto internazionale. Adams cominciò a lavorarci nel marzo 1776, procurandosi una serie di testi britannici che raccoglievano gli accordi diplomatici più importanti dell'ultimo secolo. Fortemente influenzato dall'ideologia del libero commercio presente nel Common Sense di Thomas Paine, Adams aveva in precedenza già espresso la sua concezione dei rapporti che il nuovo Stato avrebbe dovuto avere con gli altri Paesi: era fondamentale evitare qualsiasi coinvolgimento nelle "guerre europee"; un'indipendenza reale si sarebbe potuta acquisire solo con la "neutralità". Per evitare di divenire vittima degli intrighi della politica europea bisognava limitarsi a stipulare "trattati commerciali" che favorissero l'apertura al "mercato americano". Non ci doveva essere "alcuna connessione politica o assistenza militare e navale dalla Francia"; Adams scrisse: non desidero "altro che il commercio, un mero trattato marittimo"
Nel giugno del 1776 il Congresso continentale, oramai prossimo a dichiarare l'indipendenza americana diede incarico a una commissione di cinque membri (John Dickinson, Benjamin Harrison, Robert Morris, Benjamin Franklin e John Adams)
di redigere un modello di trattato da sottoporre alla Francia e alle altre potenze straniere. Il trattato venne completato in settembre e adottato dal Congresso quando l'indipendenza era già stata proclamata.
Il testo definitivo riprendeva le considerazioni elaborate da Adams nei mesi precedenti enfatizzando la libertà di commercio che avrebbe dovuto assicurare ai mercanti americani gli stessi diritti dei mercanti francesi: "Nel commercio, non ci sarebbe stata alcuna nazionalità". Addirittura il trattato prevedeva la possibilità che qualora una delle parti fosse stata coinvolta in una guerra, la controparte avrebbe potuto continuare a commerciare liberamente con i nemici. Nella bozza di trattato non era inoltre presente alcun impegno politico militare: qualora l'alleato fosse entrato in guerra con un paese terzo, gli Stati uniti non lo avrebbero sostenuto nell'impegno bellico. Nel testo veniva solamente previsto che qualora la Francia fosse entrata in guerra con la Gran Bretagna, gli Stati Uniti non avrebbero dato appoggio a quest'ultima.
John Adams sopravvalutava la capacità di attrattiva commerciale della nazione americana e difatti l'effettivo trattato siglato nel 1778 tra Francia e Stati Uniti si discostò parecchio dal Model Treaty sia sul piano commerciale ( stabilendo ad esempio il principio del mutuo riconoscimento della nazione più favorita nel commercio e nella navigazione) sia sul piano dell'accordo militare che impegnava gli Stati Uniti in una vera e propria alleanza difensiva in base alla quale essi dovevano sostenere la Francia in caso di guerra con la Gran Bretagna e ostacolare i traffici britannici. Benchè temporaneamente accantonati, i principi dei diritti dei neutrali e della libertà di commercio presenti nel Model Treaty sarebbero diventati un costante caposaldo della politica estera americana: gli Stati Uniti si proponevano come una nazione mercantile e attraverso il commercio puntavano a rafforzare la propria posizione nel sistema internazionale. Il Model Treaty nell'intreccio tra commercio e diplomazia esprimeva anche l'idealismo americano di proporre non solo alla Francia ma a tutto il mondo una diversa impostazione delle relazioni internazionali da contrapporre all'ordine del concerto europeo e di cui cui gli Stati uniti avrebbero dovuto assumere il ruolo di garante e di guida.

Bibliografia
T. Bonazzi, L'antieuropeismo degli americani, Rivista il Mulino 2/2003
M. Del Pero, Libertà e impero. Gli Stati Uniti e il mondo 1976-2006 , Laterza 2008
W. LaFeber, The American Age: U.S. Foreign Policy at Home and Abroad, W. W. Norton & Company, Londra-New York, 1994
F. Gilbert, To the Farewell Address: Ideas of Early American Foreign Policy, Princeton University Press, 1961
A. Stephanson, Destino manifesto. L'espansionismo americano e l'Impero del Bene, Feltrinelli, 2004


domenica 3 giugno 2012

I Falisci di Falerii

I Falisci erano un popolo italico stanziato nell'Etruria meridionale e nel Lazio settentrionale, attorno al monte Soratte, nella zona di Capena: il loro principale centro abitato era Falerii Veteres ( nei pressi dall'odierna Civita Castellana). Secondo Strabone i Falisci parlavano una lingua diversa da quella etrusca e in effetti le iscrizioni arcaiche ritrovate nel loro territorio presentano una lingua e un'alfabeto affine a quello latino. Ciononostante i Falisci entrano in stretti rapporti politici e culturali con le città etrusche, dando un'importante contributo allo sviluppo dell'arte etrusca come testimoniato dalle preziose terracotte che ci sono prevenute. Le testimonianze archeologiche indicano nei secoli VII e VI a. C. il periodo di maggior splendore dei Falisci; in seguito, secondo quanto riportato dall'annalistica, combatterono contro i Romani a fianco di Fidenae ( 437 a.c), Veio (400), e Tarquinia (387), per poi entrare nella confederazione etrusca nel 293 in occasione della terza guerra sannitica. Alla fine della prima guerra punica , nel 241 a.C. vennero sottomessi da Roma, la città di Falerii venne distrutta, i suoi abitanti trasferiti nel nuovo abitato di Falerii Novi(dove oggi è situata l'abbazia di Santa Maria di Falleri) e la loro divinità ( Minerva) portata sull'Aventino; per l'occasione la vittoria romana valse il trionfo ai consoli Quinto Lutazio Cercone e Aulo Manlio Torquato.